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Poesie di Vladimir Majakovskij
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ulalume







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MessaggioInviato: Mar Lug 28, 2009 8:59 am    Oggetto:  Poesie di Vladimir Majakovskij
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Per chi non conoscesse Vladimir Majakovskij vi posto una breve biografia e qualche poesia per capire perché questo poeta piace così tanto a Filippo.


BREVE BIOGRAFIA

Nasce a Bagagadi, in Georgia, nel 1893. Suo padre è un nobile decaduto che si presta a lavori umili, come forestale. Giovanissimo, Vladimir si appassiona alla poesia, che legge e che recita in un costante monologo interiore. Presto conosce e diviene amico di Velimir Chlebnikov, poeta sperimentalista che ha fondato il gruppo Hyleano. Anche per l'entusiasmo teorico profuso da Majakovskij, il gruppo iniziale si allarga e si tramuta nella leggendaria cerchia dei cubofuturisti. La voracità intellettuale di Vladimir Vladimirovic Majakovskij è leggendaria, la sua presenza fisica imponente ne fa una sorta di divo spettacolare. Il successo del poema Tu!, steso durante gli anni della Prima Guerra mondiale, è debordante e del tutto imprevisto. L'adesione di Majakovskij alla Rivoluzione d'Ottobre lo rende ancor più popolare e amato. La celebrazione dell'industrializzazione sovietica, poi, non fa altro che proiettarne la figura ai ranghi elevati dell'intellighentsija rivoluzionaria. E' una situazione destinata però a incrinarsi. L'avvento di Stalin e la palese trasformazione degli ideali rivoluzionari in gestione del potere nelle mani di un tiranno non possono essere esenti da un violento attacco, che Majakovskij non intende negarsi. La sua situazione sentimentale (per anni partecipa a un devastante triangolo amoroso che vede protagonisti, oltre a Vladimir, la bellissima Lili Brik e suo marito Josip) e le contingenze politiche gettano tuttavia il poeta in uno stato di estrema prostrazione psicologica. La morte, avvenuta per supposto suicidio il 14 aprile 1930, è ancora un capitolo ambiguo della storia sovietica: alcuni storici hanno messo in dubbio la versione del suicidio amoroso e hanno indicato la probabilità che Majakovskij sia stato "suicidato" da sgherri del regime.


SELEZIONE DI POESIE

Alle insegne (1913)

Leggete libri di ferro!

Sotto il flauto d'una lettera indorata

si arrampicheranno marene affumicate

e navoni dai riccioli d'oro.

E se con allegra cagnara

turbineranno le stelle <<Maggi>>,

anche l'ufficio di pompe funebri

moverà i propri sarcofaghi.

Quando poi, tetra e lamentevole,

spegnerà i segnali dei lampioni,

innamoratevi sotto il cielo delle bettole

dei papaveri sui bricchi di maiolica.


Il partito

Il Partito è un uragano denso
di voci flebili e sottili
e alle sue raffiche
crollano i fortilizi del nemico.
La sciagura è sull' uomo solitario,
la sciagura è nell' uomo quando è solo.
L' uomo solo
non è un invincibile guerriero.
Di lui ha ragione il più forte
anche da solo,
hanno ragione i deboli
se si mettono in due. Ma quando
dentro il Partito si uniscono i deboli
di tutta la terra
arrenditi, nemico, muori e giaci.
Il Partito è una mano che ha milioni di dita
strette in un unico pugno.
L' uomo ch' è solo
è una facile preda,
anche se vale
non alzerà una semplice trave,
ne tanto meno una casa a cinque piani.
Ma il Partito è milioni di spalle,
spalle vicine le une alle altre
e queste portano al cielo
le costruzioni del socialismo.
lì Partito è la spina dorsale
della classe operaia.
Il Partito è l' immortalità
del nostro lavoro.
Il Partito è l' unica cosa che non tradisce



Dietro una donna (1913)

Spostato su col gomito un lievito di nebbia,

Colava biacca da una fiasca nera

E a briglia sciolta nel cielo

Canuto e greve caracollava fra le nuvole.

Nel fuso rame di case stagnate

A stento si contengono i tremiti delle vie,

Stuzzicati da un rosso mantello di lussuria,

I fumi diramavano le corna dentro il cielo.

Cosce -vulcani sotto il ghiaccio delle vesti,

Messi di seni mature già per il raccolto.

Dai marciapiedi con ammicchi malandrini

Frecce spuntate insorsero gelose.

Stormo che a un colpo di tacco si levi a volo nel cielo

Preghiere di altezze presero al laccio Iddio:

Con sorrisi da topi lo spennarono

E beffarde lo trassero per la fessura d'una soglia.

L'Oriente in un vicolo le scorse,

Più in alto risospinse la smorfia del cielo

E il sole dalla nera borsa strappato fuori

Pestò con cattiveria le costole del tetto.



Ma voi potreste? (1913)

A un tratto impiastricciai la mappa dei giorni prosaici,

dopo aver schizzato tinta da un bicchiere,

e mostrai su un piatto di gelatina

gli zigomi sghembi dell'oceano.

Sulla squama d'un pesce di latta

lessi gli appelli di nuove labbra.

Ma voi

potreste

eseguire un notturno

su un flauto di grondaie?



Qualche parola su me stesso (1913)

Amo guardare come muoiono i bambini.

L'avete mai vista la brumosa onda della risacca del riso

dietro la proboscide della tristezza?

Io, invece,

nella biblioteca delle strade

ho sfogliato così spesso il volume delle tombe.

La mezzanotte

palpava con fradicie dita

me

e il chiuso steccato,

e con la calvizie delle cupola imperlata dall'acquazzone

galoppava la cattedrale impazzita.

E vedo: Cristo fuggiva dall'icona,

e la fanghiglia baciava in lacrime

il lembo della tunica sbattuto dal vento.

Io grido contro il muro,

conficco il pugnale delle parole frenetiche

nella polpa del cielo inturgidito:

<< Sole!

Padre mio!

Abbi tu almeno pietà, non tormentarmi!

E' il sangue mio da te versato che scorre sul lungo cammino.

E' la mia anima

in quei brandelli della lacerata nuvola

sull'arrugginita croce del campanile

nel cielo riarso!

Tempo!

Almeno tu, sciancato pittorucolo di icone,

dipingi la mia immagine

nel sacrario del secolo deforme!

Sono solitario come l'ultimo occhio

di un uomo in cammino verso la terra dei ciechi>>.



Pena
In una vaga disperazione il vento
si dibatteva disumanamente.
Gocce di sangue annerendosi
si gemmavano sulle labbra d' ardesia.
E uscì, a isolarsi nella notte,
vedova la luna.



La nostra marcia
Battete in piazza il calpestio delle rivolte!
In alto, catena di teste superbe!
Con la piena d' un nuovo diluvio
laveremo le città dei mondi.

Il toro dei giorni è pezzato.
Il carro degli anni è lento.
Il nostro dio è la corsa.
Il cuore è il nostro tamburo.

Che c' è di più celeste del nostro oro?
Ci pungerà la vespa d' un proiettile?
Nostre armi sono le nostre canzoni.
Nostro oro le voci squillanti.

Prato, distenditi verde,
copri il fondo dei giorni.
Arcobaleno, da' un arco
ai cavalli veloci degli anni.

Vedete, il cielo s' annoia delle stelle!
Senza di lui intrecciamo i nostri canti.
Ehi, Orsa Maggiore, esigi
che ci assumano in cielo da vivi!

Bevi le gioie! Canta!
Nelle vene la primavera è diffusa.
Cuore, batti la battaglia!
Il nostro petto è rame di timballi.



Ancora Pietroburgo
Negli orecchi i frantumi di un accaldato ballo
E dal Nord - più canuta della neve - una nebbia
Dal volto di cannibale assetato di sangue
Masticava gli insipidi passanti.

Le ore incombevano come un volgare insulto,
Incombono le cinque e sono poi
Le sei - ci sta a guardare dal cielo una canaglia
Maestosamente come un Lev Tolstoi.


Eppure
La via sprofondò come il naso d' un sifilitico.
Il fiume era lascivia sbavata in salive.
Gettando la biancheria sino all' ultima fogliuzza,
i giardini si sdraiarono oscenamente in giugno.

Io uscii sulla piazza
a mo' di parrucca rossiccia
mi posi sulla testa un quartiere bruciato.
Gli uomini hanno paura perchè dalla mia bocca
penzola sgambettando un grido non masticato.

Ma, senza biasimarmi nè insultarmi,
spargeranno di fiori la mia strada, come davanti a un profeta.
Tutti costoro dai nasi sprofondati lo sanno:
io sono il vostro poeta.

Come una taverna mi spaura il vostro tremendo giudizio!
Solo, attraverso gli edifici in fiamme,
le prostitute mi porteranno sulle braccia come una reliquia
mostrandomi a Dio per loro discolpa.

E Dio romperà in pianto sopra il mio libriccino!
Non parole, ma spasmi appallottolati;
e correrà per il cielo coi miei versi sotto l' ascella
per leggerli, ansando, ai suoi conoscenti.



Nebbia

Spostato su col gomito un lievito di nebbia,
Colava biacca da una fiasca nera
E a briglia sciolta nel cielo
Canuto e greve caracollava fra le nuvole.
Nel fuso rame di case stagnate
A stento si contengono i trèmiti delle vie,
Stuzzicati da un rosso mantello di lussuria,
I fumi diramavano le corna dentro il cielo.
Cosce-vulcani sotto il ghiaccio delle vesti
Messi di seni mature già per il raccolto.
Dai marciapiedi con ammicchi malandrini
Frecce spuntate insorsero gelose.
Stormo che a un colpo di tacco si levi a volo nel cielo
Preghiere di altezze presero al laccio Iddio:
Con sorrisi da topi lo spennarono
E beffarde lo trassero per la fessura d' una soglia.
L' Oriente in un vicolo le scorse,
Più in alto risospinse la smorfia del cielo
E il sole dalla nera borsa strappato fuori
Pestò con cattiveria le costole del tetto.


Non ho bisogno di te

Tanto lo so
tra breve creperò
se davvero tu esisti
o Dio
o mio Dio
se fossi tu a tessere il tappeto stellato
se questo tormento ogni giorno moltiplicato
è per me un tuo esperimento
indossa la toga curiale.
La mia visita attendi
sarò puntuale
non tarderò ventiquattr'ore.
Ascoltami
altissimo inquisitore!


Dopo i prelevamenti

È risaputo:
tra me
e Dio
ci sono numerosissimi dissensi.
Io andavo mezzo nudo,
andavo scalzo,
e lui invece portava
una tonaca ingemmata.
Alla sua vista
mi riusciva appena
trattenere lo sdegno.
Fremevo.
Ora invece Dio è quello che deve essere.
Dio è diventato molto più alla mano.
Guarda da una cornice di legno.
La tonaca di tela.
Compagno Dio,
mettiamoci una pietra sopra!
Vedete,
perfino l'atteggiamento verso di voi è un po' cambiato.
Vi chiamo "compagno",
mentre prima
"signore".
(Anche voi ora avete un compagno),
Se non altro,
adesso
avete un'aria un po' più da cristiano.
Bene,
venite qualche volta a trovarmi.
Degnatevi di scendere
dalle vostre lontananze stellate.
Da noi l'industria è disorganizzata,
i trasporti anche.
E voi,
dicono,
vi occupavate di miracoli.
Prego,
scendete,
lavorate un po' con noi.
E per non lasciare gli angeli con le mani in mano,
stampate
in mezzo alle stelle,
che si ficchi bene negli occhi e nelle orecchie:
chi non lavora non mangia.


Adolescente

Per i ragazzi c'è un sacco di roba da studiare.
S'insegna la grammatica a scemi d'ambo i sessi.
A me invece
m'hanno scacciato dalla quinta classe.
Hanno cominciato a sbattermi nelle prigioni di Mosca.
Nel vostro
piccolo mondo
di appartamenti
crescono ricciute liriche per le camere da letto.
Che vuoi trovarci in queste liriche da cani pechinesi?
A me, per esempio,
ad amare
l'hanno insegnato
nelle carceri di Butyrki.
M'importa assai della nostalgia per il bosco di Boulogne,
e dei sospiri davanti ai panorami marini!
Io, ecco,
m'innamorai
dallo spioncino della cella 103,
di fronte all'"Impresa pompe funebri".
Chi vede tutti i giorni il sole
dice con sufficienza:
"Cosa saranno mai quei quattro raggi"!
Ma io
per un giallo illuminello
sopra un muro
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MessaggioInviato: Mar Lug 28, 2009 8:59 am    Oggetto: Adv






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Ivana







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MessaggioInviato: Mar Lug 28, 2009 9:22 am    Oggetto:  
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Interessantissimo, stamperò tutto e leggerò con calma.
Grazie davvero, Cristina, di questo contributo. Io adoro la poesia, ma non ho letto quasi niente di questo importante poeta russo.

I.
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michy78







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MessaggioInviato: Mar Lug 28, 2009 3:27 pm    Oggetto:  
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Grazie Cri , per aver postato alcune delle più belle poesie del primo Novecento!!

Al liceo avevo la prof d'italiano "fissata" con Majakovskij....ed era riuscita a farlo amare a tutta la classe!!

Ciao Michelle
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Paolo da Vigevano







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MessaggioInviato: Mar Lug 28, 2009 9:18 pm    Oggetto:  
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Grazie Cristina, circa vent'anni fa mi ero appassionato all'avanguardia russa (pittorica) dopo aver visto una mostra sulla pittura dei primi anni del secolo in Russia. Bellissima!
Io adoro le avanguardie e quella russa fu ra le più interessanti, con quella italiana. Di Majakovskij, in effetti, non ho nulla e quindi ti ringrazio di questo primo assaggio.
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ulalume







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MessaggioInviato: Mer Dic 02, 2009 4:44 pm    Oggetto:  
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"L'amore è il cuore di tutte le cose"è la raccolta della fitta corrispondenza che tra il 1915 e il 1930 si scambiarono Vladimir Majakovskij , Lili e Osip. Sono lettere tenere, affettuose e spontanee che esprimono i sentimenti, i pensieri e le difficoltà dei personaggi, ma anche rispecchiano la quotidianità del paese e il suo travaglio politico.

Tra le poesie di Majakovskij ce n'è una che più di tutte è rappresentativa dell'esaltazione dei suoi sentimenti.
S' intitola:CONCLUSIONE

Ma prima devo necessariamente accennare alla loro incredibile storia d'amore

Majakovskij si innamora furiosamente di Lili, tanto che per i primi anni lei vive questa passione quasi come una sorta di aggressione che non le lascia respiro; nello stesso tempo Osip( il marito) nutre per il poeta una sconfinata ammirazione che lo spinge a pubblicare a proprie spese i suoi primi poemi e ad accettare senza alcuna riserva la relazione con la moglie; così, nel 1918, diventa per loro una scelta naturale quella di vivere tutti e tre sotto lo stesso tetto.

Lili Brik ha sempre ribadito la legittimità di una simile convivenza: nelle sue memorie afferma chiaramente: "Io e Osja non avemmo mai più rapporti intimi, così che tutti i pettegolezzi sull'amore "a tre", sul "triangolo" e così via - non assomigliano nemmeno lontanamente a ciò che è stato."
Come è facile immaginare le "voci" non si sono risparmiate: qualcuno ha visto questo legame come una disgustosa forma di decadenza borghese, altri l'hanno quasi idealizzato come un coraggioso "amore assoluto", una testimonianza pratica dell'eternità dell'amore.
In effetti la relazione tra Majakovskij e Lili terminò nel 1930, con il suicidio del poeta. Furono la complicità, il fortissimo senso dell'amicizia e il sentimento travolgente che coltivarono per anni con impegno, assecondando le sue trasformazioni, a permettere loro di amarsi per tutta la vita, che, in ogni caso, non fu priva di dolori, di separazioni e di tradimenti.



Conclusione

Niente cancellerà via l'amore,
nè i litigi
nè i chilometri.
E' meditato,
provato,
controllato.
Alzando solennemente i versi, dita di righe,
lo giuro:
amo
d'un amore immutabile e fedele.
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Sempreviva75







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MessaggioInviato: Gio Dic 03, 2009 10:02 am    Oggetto:  
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Questa è la mia preferita di questo grandissimo, immenso poeta...


Ascoltate!

Se accendono le stelle,

vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?

Vuol dire che qualcuno vuole che esse siano?

Vuol dire che qualcuno chiama perle questi piccoli sputi?

E tutto trafelato

tra le burrasche di polvere meridiana,

si precipita verso Dio,

teme d’essere in ritardo

piange,

gli bacia la mano nodosa,

supplica

che sia assolutamente una stella,

giura

che non può sopportare questa tortura senza stelle!

E poi cammina inquieto,

fingendosi calmo.

Dice ad un altro:

“Ora va meglio, è vero?

Non hai più paura?

Sì?!”

Ascoltate!

Se accendono

le stelle,

vuol dire che qualcuno ne ha bisogno?

Vuol dire che è indispensabile

che ogni sera

al di sopra dei tetti

risplenda almeno una stella?"

E' stata composta nel 1914, ed è assolutamente attuale, i versi corrono veloci, sinuosi, leggeri, ma di una forza espressiva unica.
E' uno dei miei poeti preferiti, insieme a Garcia Lorca e soprattitto a Nazim Hikmet, che per me è il numero 1 in assoluto.

Baci a voi tutti

_________________
Ge.
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lilyrosedeep








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MessaggioInviato: Gio Dic 03, 2009 5:28 pm    Oggetto:  
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Ciao poetica Germana! Un grande bacio D.
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ulalume







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MessaggioInviato: Ven Dic 04, 2009 9:32 am    Oggetto:  
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Bellissima poesia, Germana.
Grazie per averla postata.
Ciao
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biccia







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MessaggioInviato: Sab Dic 05, 2009 12:55 am    Oggetto:  
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Anch'io leggerò con calma e poi commenterò; nel frattempo grazie Cri per queste info molto ... poetiche Wink
_________________
***biccia***
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Morgana74







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MessaggioInviato: Ven Lug 16, 2010 9:16 pm    Oggetto:  
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